Il cinema come pratica educativa: è quanto si è concretizzato in modo tangibile tra gli studenti del nostro Liceo Artistico, i quali, a partire dalla visione del film “Io capitano” di Garrone (2023), hanno potuto approfondire la tematica dell’immigrazione attraverso l’ascolto di relative testimonianze dirette, vissute da diverse angolazioni.
L’intervento della prof.ssa Sabrina Macchia , “L’arte della migrazione, quando lo straniero è protagonista”, ha aperto l’incontro tenutosi stamattina nell’Aula Magna della scuola e che ha coinvolto in due momenti distinti tutti gli alunni del biennio e del triennio: il significativo raffronto tra opere del passato e contemporanee, chiosato magistralmente con rimandi continui a scene del film, ha carezzato gli animi, innescando la giusta predisposizione all’ascolto degli altri interessanti interventi degli ospiti qui riportati.
Antonio Cappella , critico cinematografico, ha sottolineato il carattere realistico e al contempo poetico e creativo di Garrone, che ha concepito il film non come un documentario ma piuttosto come morfologia di una fiaba vera, un “romanzo di formazione” (così come definito dal regista stesso), con protagonisti due giovani in cerca di una migliore condizione di vita in un mondo fortemente globalizzato.
Gianni Pinto , operatore Caritas del progetto S.A.I., ha evidenziato invece le caratteristiche e la normativa dell’immigrazione in Italia.
Suor Paola , suora della Carità che si occupa della mensa Caritas, ha condiviso dal canto suo l’ esperienza nei centri di accoglienza a Lampedusa.
A rendere davvero prezioso questo momento di confronto corale e “accorato” è stato senza dubbio il collegamento video con Mamadou Kouassi , ora attivista e mediatore culturale in un centro per migranti di Caserta, la cui vicenda ha ispirato la storia raccontata in “Io capitano”. Quella di Mamadou è una narrazione intima e profonda: partito dalla Costa d’Avorio per la Libia, ha attraversaro il deserto e ha iniziato a lavorare come muratore in condizioni di durissima schiavitù, sperimentando lo sfruttamento, la prigionia, le torture, la corruzione.
Più che raccontarsi, Mamadou ha preferito che gli studenti (stavolta riuniti insieme per vivere appieno il valore significativo di questo “collegamento” d’elezione) intervenissero con domande e riflessioni personali, che di certo non sono mancate, per rendere questo scambio di esperienze un fattivo tempo di crescita e di condivisione.
E’ lo stesso intento che ha animato i docenti e tutte le persone coinvolte, in un’intensa sinergia tra chi ha avuto l’idea e l’ha condivisa, consentendo così di sviluppare un percorso ampio e coinvolgente, e tra quanti si sono impegnati dando il loro contributo, in classe e fuori.
Una domanda, in particolare, ha interrogato il cuore di tutti: come può l’essere umano essere, in alcune circostanze, così dis-umano?