il Majorana incontra UGO FOA’

UGO FOA’ e LE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA (settembre 1938)

L’IISS E. MAJORANA di Termoli, nell’ambito delle varie attività organizzate, come ogni anno, per celebrare la Giornata della Memoria e commemorare le vittime dello sterminio nazista, ha ospitato oggi, 17 gennaio 2024, Ugo Foà e sua figlia Marina per un appuntamento che si ripete, dopo quello dello scorso anno, con lo stesso entusiasmo da parte di un uditorio composto da allievi delle classi quinte, che hanno assistito in presenza, riuniti nell’auditorium della scuola, e allievi delle altre classi che hanno seguito l’evento in streaming.

L’incontro si è aperto con un’introduzione musicale: ad accogliere Ugo Foà, in una sala gremita, la voce di un violino solista, suonato da un allievo della scuola, sulla melodia della colonna sonora del film Schindler’s List, ha creato, da subito, un’atmosfera concentrata. Sono seguiti i saluti e la presentazione della Dirigente, prof.ssa Maria Maddalena Chimisso, che ha lasciato subito spazio all’ospite e alle domande dei ragazzi.

Sono state due ore emozionanti, seguite dagli allievi con interesse ed empatia, in cui Foà ha raccontato della sua infanzia a Napoli, sconvolta improvvisamente dalle leggi razziali rivolte contro cittadini italiani di religione ebraica e che, in quel lontano settembre del 1938, preclusero a lui, bambino di 10 anni, la possibilità di frequentare la scuola pubblica, l’agognato primo ginnasio, la prima media dell’epoca, e lo allontanarono da compagni ed insegnanti.

La memoria di Foà ripercorre le pagine del libro presentato oggi, “Il bambino che non poteva andare a scuola” corredato da schede storiche ed esplicative, da foto di famiglia e di documenti d’epoca, e racconta di quei giorni, della disperazione e della rabbia di un bambino che non capiva perché un suo diritto fondamentale, come quello di andare a scuola, gli fosse negato per legge. La voce di Ugo Foà è gentile ma ferma, limpida, anche quando rievoca momenti dolorosi ed umilianti, come quello dell’esame da privatista, lui sistemato lontano da tutti, all’ultimo banco, lui “Foà Ugo, di razza ebraica” come si leggeva, scritto in rosso, sul foglio delle firme di presenza, o come quando ricorda la propaganda fascista e le sue frasi che indicavano gli ebrei come nemici dell’Italia, indegni di chiamarsi Italiani, indegni di quella patria per cui i suoi familiari avevano combattuto, o quando rievoca le circostanze dell’allontanamento necessario dall’Italia del padre e del fratello maggiore. Non c’è retorica nelle sue parole, non c’è nemmeno rancore ed è forse questo che ha catturato i ragazzi…. un adulto che racconta la sua storia, che è Storia di una nazione, con la semplicità che userebbe un nonno con i suoi nipoti. Il punto di vista è quello di un bambino che ha sofferto soprattutto per la mancata solidarietà dei suoi compagni di un tempo che, in quei mille giorni in cui lui è stato tenuto lontano dalla scuola, dal settembre del 1938 all’ottobre del 1943, non lo hanno mai cercato: la loro indifferenza, che ovviamente aveva mille giustificazioni e motivi, sembrava incomprensibile allora. La privazione delle amicizie, dei momenti di condivisione, delle risate, che l’impegno scolastico regala, sono il vero danno che Ugo ha subito a causa di leggi ingiuste e quei giorni lui reclama ancora oggi, quando entra in una scuola, le ore del suo tempo prezioso che oggi investe con i ragazzi gli sembrano un risarcimento insperato. Foà ha parlato ai ragazzi spiegando loro che vivere sotto una dittatura significa vivere con la paura continua per quello che si dice, si fa, si pensa soltanto, significa non fidarsi più di nessuno, sentire più che mai il peso della solitudine. Sono stati suo rifugio, riferimento in quegli anni difficili, la famiglia e il sostegno tacito di alcune persone che, anche nell’ombra, anche con piccoli gesti, non lo hanno mai abbandonato.  Foà ha invitato i ragazzi ad essere sempre solidali con i compagni, presenti alle loro difficoltà, coraggiosi quando occorre, quando ne va della dignità di noi stessi di chi ci è caro. La scuola “di Ugo” allora è la scuola “con Ugo” oggi, tra ragazzi che hanno circa 80 anni meno di lui e che con lui hanno dialogato, fatto domande, hanno cercato di capire. La parte più emozionante dell’incontro è stata sicuramente quella che ha visto protagonisti i giovani: ordinati, intimiditi ma sorridenti si sono avvicinati a questo signore distinto ed hanno chiesto…. curiosità, approfondimenti e spiegazioni che nessun libro di storia potrebbe fornire con la stessa semplicità e chiarezza. Alcune domande sono state particolarmente personali, quasi intime, quelle che solo un adolescente tanto ingenuo da sembrare indiscreto può fare, altre più “tecniche”…

“ha perdonato tanta malvagità?”

“cosa pensa di chi oggi inneggia al fascismo e si riappropria di vecchi simboli e di una tragica gestualità”?

“come giudica i delatori di allora, quelli che lucrarono sulla vita di tante famiglie ebree?”

“quali consigli darebbe a noi giovani oggi?”

“prima delle leggi razziali, lei e a sua famiglia eravate fascisti”?

“ha consapevolezza di cosa significhi oggi la sua testimonianza a scuola, tra noi, e quanto pesa emotivamente il carico di cui si fa portavoce”?

“ha ricordi di profumi, suoni della sua scuola di allora?”

“cosa pensa di quello che sta succedendo oggi in Palestina?”

“cosa direbbe ad un ragazzo che, come me, viene a scuola demotivato e annoiato?

“ha mai dubitato della sua fede religiosa?”

“come funzionava la borsa nera? quali erano gli slogan del tempo che sentiva ripetere e che inculcavano odio razziale?”

“come giudica il disinteresse dei giovani d’oggi per la politica”?

Con generosità e discrezione Ugo Foà ha risposto a tutti, ha raccontato momenti intensi, come quello del suo primo giorno di ginnasio pubblico, nell’ottobre del 1943, quando, durante l’appello, al suono di “Foà Ugo” è rimasto in silenzio perché istintivamente si aspettava “di razza ebraica” e solo in quel momento ha realizzato di essere finalmente un uomo libero con la sua piena dignità di persona… parla ai ragazzi della felicità di quel giorno, di cui ricorda, in modo nitido, la classe, la lavagna, la cartina geografica appesa alla parete, il “profumo” di scuola vera…. Ha parlato della parte più intima di sé, di come abbia ritrovato l’orgoglio di essere italiano in un paese libero, del suo impegno politico prima, civile oggi, nelle scuole, affinché non si ripeta, affinché i giovani siano vigili e attenti alla crescente intolleranza. Ha esposto i suoi timori di fronte ad un mondo che sembra accettare con indifferenza nuove stragi, spiegando che non esiste una scala di dolori, soprattutto che essa non è utile a far cessare le guerre. Di fronte alle nuove manifestazioni di intolleranza razziale si prova ovviamente fastidio e pietà per l’ignoranza da cui tutto scaturisce: contro di essa gli unici rimedi sono la scuola, la lettura, l’informazione attenta, gli strumenti di decodifica del reale che vanno conquistati con impegno: nessuno nasce “svogliato” e la scuola deve comprendere ed intervenire dove rileva fragilità del genere. La consapevolezza porta all’impegno, anche politico, come è stato il suo, fin dalla prima volta in cui è andato a votare, perciò invita i ragazzi ad utilizzare in modo appropriato lo strumento elettorale perché disimpegnarsi e lamentarsi sono atteggiamenti contraddittori. Le sue non sono raccomandazioni ma consigli che l’esperienza e l’età gli consentono oggi di dare per offrire spunti di riflessione collettiva.

Scrivere questo libro non è stato facile, dice Foà, ma gli ha dato soddisfazioni ed opportunità, come quella di ricevere lo scorso anno, dal Presidente Mattarella, un riconoscimento ufficiale e l’incoraggiamento a continuare la sua opera di testimonianza e sensibilizzazione.

Marina Foà, che accompagna Ugo in questi incontri, ha preso poi la parola per presentare l’associazione “Progetto Memoria” fondata dai sopravvissuti alle persecuzioni nazifasciste di cui lei ed il padre si fanno portavoce, ed ha ringraziato i ragazzi dell’IISS Majorana, per la cura con cui hanno accolto il racconto di suo padre, e lui, per l’esempio di vita ed i valori sempre instancabilmente testimoniati

Foà ha salutato i ragazzi ringraziandoli per le vibrazioni positive e di affetto che ha raccolto dall’incontro, ha augurato ai maturandi un futuro luminoso e li ha invitati a tenere sempre viva la memoria storica, indispensabile per rischiarare il difficile presente in cui viviamo.

Il libro è un pezzo della Storia d’Italia e i documenti di cui è corredato, le fotografie di famiglia, gli atti dell’ufficio anagrafe o una pagella dell’epoca, la foto dei compagni di classe schierati in gruppo intorno al maestro sono foto che ognuno di noi potrebbe trovare in una vecchia scatola in soffitta e questa modalità narrativa è piaciuta molto ai ragazzi. Il libro ricorda che la scuola è un diritto e, come tale, mai scontato, che la libertà e la dignità di una persona, soprattutto di un bambino, vanno tutelate e riconosciute sempre, anche in situazioni che appaiono irrimediabilmente compromesse, che il monito a tutti noi è sempre quello di rimanere attenti, perché ci sono modalità pericolose di coercizione delle coscienze che sono oggi le più temibili proprio perché subdole ed apparentemente innocue.

 

 

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